Bhagavad Gita cap. 2 (Parte uno): Atma-jñāna
In questo mondo tutto è temporaneo
All’inizio del capitolo troviamo il grande guerriero Arjuna che si lamenta per gli orrori della guerra ed espone argomenti profondamente pacifisti. Basa le sue idee sul dovere, su ciò che è giusto. Ma, come Krishna fa notare, queste sono tutte verità relative. La guerra, come la pace, è un aspetto relativo e temporaneo nella lotta per l’esistenza.
Quando a Sridhar Maharaj* fu chiesto se dovessimo aver paura di una guerra nucleare, rispose che questo mondo è temporaneo. Quelle che si provano qui sono preoccupazioni relative, persino la guerra. Nel contesto della vita eterna, la guerra è un punto su una linea, una linea in un piano, un momento nello spazio e nel tempo infinito.
Ma Arjuna si sta concentrando su eventi a lui prossimi. Vuole ciò che è meglio per la sua famiglia, ma la sua famiglia è nociva. Vuole la pace con i suoi cugini, ma non c’è modo di salvare un tiranno come Duryodhana. Persino i guru Bhishma e Drona sono corrotti. Si sono schierati sul versante della corruzione. Alcuni dei suoi nemici hanno dei buoni motivi per mettersi dalla parte sbagliata in una guerra di famiglia. Alla fine il risultato sarà lo stesso. Non c’è modo di evitare un bagno di sangue. Ma Arjuna ancora sente rimorso.
Il significato della guerra
Il conflitto bellico è un’importante metafora per lo sforzo che noi tutti affrontiamo nella vita quotidiana. In questo senso, la Bhagavad-Gita ci offre prospettive su come affrontare le battaglie della vita di tutti i giorni.
Krishna spiega che non c’è modo di evitare la battaglia. Arjuna non può scappare. La codardia non è la soluzione. Specialmente per un guerriero della sua statura, ma anche per una persona comune. Non possiamo fuggire dalle difficoltà della vita. Dobbiamo confrontarci con i nostri conflitti, non rifuggirli.
Krishna fa notare ad Arjuna che l’atto di impegnarsi nella lotta può portare alla morte. Ma alla fine, tutti i corpi sono mortali. La morte del corpo è inevitabile. Per colui che nasce, la morte è certa. Se la battaglia è una lotta per la vita o per la morte, dobbiamo vedere oltre gli aspetti più superficiali del conflitto e centrare il problema: la morte e la vita stesse.
La natura dell’anima
Se la morte è inevitabile per il corpo umano, l’anima è immortale. Krishna dà una profonda spiegazione della natura dell’anima, dello spirito e dell’atma.
L’anima non può essere né tagliata, né bruciata, né essiccata. Essa sopravvive al corpo mortale. E se siamo immortali, allora la morte non può toccarci. Arjuna ha sollevato il problema del peccato e del karma. Il peccato di uccidere non ci consumerà dopo la morte?
Ma prima di affrontare la questione di come il karma imprime l’anima, Krishna vuole stabilire la persistenza dell’anima stessa. Quella del karma, dopo tutto, è una questione relativa che verrà ampiamente discussa. Ma lo spirito stesso è superiore e va oltre il karma.
Siamo mortali o immortali? Krishna dice che siamo immortali, e questo è il suo vero primo insegnamento ad Arjuna nel secondo capitolo della Bhagavad-Gita.
La coscienza è reale. L’anima esiste. É invisibile all’occhio umano, è infinitesimale. Neanche i saggi possono discernere come funziona la coscienza, com’è connessa al corpo ed alla mente.
Eppure Krishna ci dice che l’anima o atma è trascendente sia al corpo che alla mente. La mente stessa è un costrutto di coscienza eterna. Questa anima indossa dei corpi e poi li lascia proprio come noi indossiamo abiti al mattino e li togliamo la sera.
Egli dice ad Arjuna di mettere da parte la sua morale comune per un momento e di considerare la natura eterna dell’anima. Alla fine, l’anima non viene macchiata neanche dal cattivo karma, giacché nel corso di migliaia di vite si commettono errori. E l’atma sopravvive a migliaia di vite per migliaia di volte ed oltre. In questo modo si deve vedere l’anima. Il nostro permanente interesse personale è più importante del nostro interesse verso la società e la famiglia.
La nostra prossima vita potrebbe essere infernale come quella attuale oppure offrirci una nascita più elevata e con ricompense divine. Ma l’intero mondo materiale è un circolo vizioso, una ruota di nascite e morti. Una riflessione più elevata va posta sulla liberazione dal ciclo della reincarnazione. Krishna tratterà con tutti i dettagli queste questioni nel resto della conversazione. Ma per il momento Egli vuole che Arjuna porti la propria attenzione dal conflitto immediato al tema più elevato della vita immortale.
Tutti noi dobbiamo combattere le nostre battaglie quotidiane. Non dobbiamo ritirarci dalla lotta. Ma il vero conflitto è la lotta per la vita eterna. Invischiati nelle nostre battaglie quotidiane, perdiamo di vista il nostro personale interesse spirituale. Prima ancora che si possa cominciare il viaggio sul sentiero spirituale, dobbiamo riconoscere l’esistenza dell’anima eterna.
Krishna spiega la natura dell’atma o dell’anima come segue:
na hanyate hanyamāne śarīre
Per l’anima non c’è né la nascita né la morte. Esiste e non smette mai di esistere.
Non nasce, non muore, è eterna, originale, non ebbe mai inizio e non avrà mai fine.
Non muore quando il corpo muore.
(Bhagavad-gītā 2.20)
Nessun’arma può spezzare l’anima, né il fuoco bruciarla; l’acqua non può bagnarla, né il vento seccarla.
(Bhagavad-gītā 2.23)
L’anima individuale è indivisibile e insolubile; non può essere bruciata ne seccata.
E’ immortale, onnipresente, inalterabile, immobile ed eternamente la stessa.
(Bhagavad-gītā 2.24)
La misura dell’anima
La Bhagavad-Gita è anche chiamata “Gitopanishad” in quanto i concetti ivi espressi sono già dati in forma seminale come verità assiomatiche. l’idea che l’atma o anima individuale è una minuscola energia cosciente risuona già negli antichi testi upanishadici:
भागो जिवः स विज्ञेयः स चानन्त्याय काप्ते
Se dividiamo la punta di un capello in cento parti e poi prendiamo una di queste parti
e la dividiamo ancora per cento, quella decimillesima parte è la dimensione dell’entità vivente.
E questa entità vivente è in grado di ottenere il Signore illimitato.
(Śvetāśvatara Upaniṣad 5.9)
*Sua Divina Grazia Sri Srila Bhakti Rakshak Sridhar Dev-Goswami Maharaj, fondatore della Sri Chaitanya Saraswat Math
Autore: Michael Dolan (Bhakti Vidhan Mahayogi) – traduzione autorizzata
Articolo originale: https://bit.ly/2JfYTfr
2 risposte
Grazie, non cercavo traduxioni del testo della Bagavad per ujna comparazione dato che non è facile modernizzare sanscrito e concetti così antichi..
Sergio
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